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L'attenzione degli alleati era concentrata sull'attraversamento del Reno a nord.
La Germania era a pezzi. Dopo quattro anni di guerra la nazione era prostrata sia economicamente che socialmente, e quindi il potenziale bellico era ridotto ormai ai minimi termini. Con tutto ciò i tedeschi riuscirono nel miracolo di mettere in campo ben tre armate "Panzer", la sesta Panzer ( Sepp Dietrich), la quinta Panzer (Hasso von Manteuffel) e la settimana armata (Brandenberger), che scattarono alle 5.30 del 16 dicembre 1944. Un totale di circa 1000 mezzi corrazzati, di cui almeno 250 fra i vari modelli di Tiger, praticamente invulnerabili a tutti i calibri a disposizione degli alleati, si lanciò su un fronte di circa 85 chilometri contro 4 divisioni americane, completamente ignare. I servizi di informazione alleati vennero colti alla sprovvista, non avendo interpretato in modo corretto le informazioni a disposizione. Quindi la pianificazione aveva previsto lo schieramento di 4 divisioni di livello medio basso in zone ritenute poco sensibili, e con una buona possibilità di ancoraggio al terreno difensivo. La 82° e la 101° paracadutisti fungevano da riserva strategica di settore.
L'offensiva delle Ardenne si decise nelle prime 24 ore. Il primo violentissimo attacco, che aveva lo scopo di polverizzare la prima linea difensiva americana, riuscì solo parzialmente. La guida dell'attacco da parte degli ufficiali SS, ormai i soli che godevano della fiducia incondizionata del Führer, fece lievitare le perdite in modo irresponsabile fin dal primo momento. Nello stesso tempo, la tanto disprezzata fanteria di linea americana (una caratteristica dell'esercito tedesco della seconda guerra mondiale era il totale disprezzo di qualsiasi esercito che non fosse quello tedesco) dimostrò un coraggio e una resistenza sotto il fuoco aldilà di ogni possibile aspettativa. Nonostante perdite che in alcuni casi superavano il 90% alcuni battaglioni contrattaccavano alla baionetta per riprendere le posizioni. Alla fine della prima giornata di combattimento, le punte corazzate tedesche erano penetrate di alcune decine di chilometri, ma la maggior parte dei centri abitati era ancora in mano americana: e tutte le strade fondamentali per continuare l'offensiva convergevano su una città in particolare: Bastogne.
La sorpresa era riuscita ma fino ad un certo punto: i comandi superiori alleati si resero subito conto che si trattava di una offensiva seria.
Nonostante le azioni di disturbo delle truppe speciali tedesche con uniformi americane infiltrate durante i giorni precedenti (Operazione Grief), i rinforzi cominciarono ad affluire, anche se a partire dal secondo e terzo giorno dello scontro rischiavano di non trovare più posizioni da occupare. Le difese americane, infatti, si stavano esaurendo e le unità impegnate dai tedeschi cominciavano a perdere terreno. Non bastava l'eroismo dei singoli battaglioni o soldati: i capisaldi cadevano uno dopo l'altro. I carri tedeschi erano più potenti, avevano visori infrarossi notturni e combattevano di notte, e dopo due giorni solo una città praticamente resisteva: Bastogne. In una prima fase gli americani avevano predisposto una serie di capisaldi a difesa della città: erano caduti uno dopo l'altro, ma si erano difesi bene. Bastava poco per dare una spallata ed entrare in città, ma i tedeschi commisero uno dei numerosi errori della campagna: superare Bastogne attraverso stradine laterali, ed evitare il centro città. Questo diede tempo ai parà della 101° e a un pugno di caccia carri di affluire su camion nel crocevia, ed occuparlo stabilmente. Bastogne era stata salvata da una combinazione di fortuna e di grossolani errori di valutazione da parte dei tedeschi ma ora, con i paracadutisti schierati, la città era saldamente in mano americana.
L'epopea di Bastogne inizia il 20 dicembre: 11.000 paracadutisti ed un combat team della 9° Div corazzata (10 semoventi e 36 cacciacarri) e 130 pezzi di artiglieria erano in posizione: era una forza imbattibile, ed anche se isolata da terra, gli uomini ricevevano quotidianamente rifornimenti mediante un ponte aereo. I tedeschi attaccarono violentemente per tre giorni con forze preponderanti, anche perché si erano resi conto che la strategia di aggirare gli incroci non funzionava, e non riuscivano a far affluire velocemente i reparti verso nord, dove l'offensiva si stava ormai esaurendo. La 101° non cedette un centimetro di terreno. I paracadutisti americani erano impegnati in prima linea a partire dal primo giorno della offensiva, e si erano già coperti di gloria partecipando ad ogni offensiva della campagna di Francia. Inoltre, a partire dal 23 dicembre, le condizioni atmosferiche permisero all'aviazione pesante di alzarsi e di bombardare pesantemente con i B-26 le colonne tedesche in avvicinamento. E poi Patton si stava muovendo.
Benché fosse un megalomane visionario, il generale Patton aveva previsto l'offensiva delle Ardenne, ed aveva pianificato una serie di piani di intervento con il suo stato maggiore. Quando Eisenhower gli chiese, nel pieno della crisi dei primi momenti della offensiva tedesca, quando poteva intervenire a chiudere la falla, Patton rispose:"entro due giorni, con tre divisioni". Sembrava la solita sbruffonata da cowboy. E poi Eisenhower detestava Patton. Non sapeva però che Patton avrebbe dato dopo due minuti un ordine in codice al suo capo di stato maggiore, che avrebbe immediatamente attivato un piano di riserva che prevedeva una deviazione di 90 gradi della linea di avanzata della terza armata americana per attaccare il fianco tedesco.
L'offensiva era finita. I tedeschi ottennero ancora successi, ma limitati, finché giunti a nord, a San Vith, si trovarono di fronte ancora parà americani, che in condizioni ancora più difficili di Bastogne, contendevano loro ogni crocevia. La benzina era finita: i piani per recuperare quella americana erano perlopiù falliti. Gli incursori in uniforme americana alla fine si erano rivelati un successo limitato, ed erano praticamente stati tutti presi (e fucilati). Al sud la terza armata premeva. I carri tedeschi sprofondavano nelle strade non adatte al loro peso, oppure precipitavano dai ponti di campagna, mentre l'aviazione alleata era padrona del cielo. E gli americani erano ancora a Bastogne. L'ordine definitivo di abbandonare l'offensiva arrivò l'8 gennaio 1945: quattro giorni dopo i Russi attaccarono a est, iniziando l'offensiva che li avrebbe portati in pochi mesi a Berlino. I carri che servivano erano ormai sprofondati nelle fitte foreste delle Ardenne, oppure abbandonati dai loro carristi che mestamente se ne tornavano indietro a piedi. I tedeschi riuscirono a ritirarsi abilmente, ed evitare la tenaglia di Patton. Le perdite furono equivalenti, circa 80.000 per parte (di cui 11.000 morti americani: i tedeschi molti di più). La sola 101° aveva perso a Bastogne il 35% della forza combattente, e contò alla fine della battaglia 3000 morti. Le perdite di mezzi furono però insostituibili per i tedeschi. Non c'erano più fabbriche per ricostruirli. La battaglia di Bastogne era finita, ma la guerra sarebbe durata ancora 4 mesi, e sarebbe costata un altro milione di morti, oltre alla quasi totale distruzione della Germania.
A Clervaux, dove ignoti fanti americani resistettero fino all'ultimo uomo ai panzer tedeschi, è stata eretta una statua raffigurante un soldato semplice americano, dove si legge "ai nostri liberatori".